Domande ai dottorandi

Tra le presentazioni raccontate in aula il 15 marzo 2019 quella che rispecchia di più i miei interessi è la prima Innovazione, Crisi, Etica : centro di accoglienza sul programma immigrati

Le mie ipotesi di programma partono tutte da un concetto di Crisi in cui in modi differenti cerco di dare risposte eticamente accettabili che possano ridare valore e portare ad una futura innovazione strumentale ma soprattutto di pensiero L’interesse si concentra nel voler trovare una risposta ad alcune crisi della società moderna e passata, (come la diversità etnica, il problema dei rifiuti e della sostenibilità ambientale  e l’attenzione verso i più piccoli e fragili) alle difficoltà e al disagio che queste portano.

Come suggerisce la citazione :“...una concezione che vede nella modernità lo sforzo verso la trasformazione delle “crisi in valore”, in una tensione che... non può che essere rivolta verso un’estetica di rottura e di cambiamento” (A. Saggio, Architettura e modernità, Carocci, Roma 2010) .

Quello che mi domando è come si può definire e comprendere la linea sottile del concetto di “eticamente giusto” ? come si può dire che una soluzione, nata per dare valore ad una crisi, è uniformemente eticamente accettabile e corretta per gli abitanti del posto che la vivono? Il ruolo dell’architetto è sicuramente quello di conoscere le “necessità etiche, sociali e politiche” per dare una soluzione che , in base alla propria sensibilità, sarà innovativa o tradizionale ed è vero che “il lavoro dell’arrchitetto va vissuto come un dovere civico che comporta forti responsabilità morali...” (S. Settis, Architettura e democrazia, Einaudi, Torino 2017) , ma come si può capire dove pende di più l’ago della bilancia e quale sia l’intervento meno dannoso per l’equilibrio della società e della popolazione ?

All’interno del MAAM vivono famiglie che negli anni hanno trovato la loro armonia e la loro stabilità, quindi a questo proposito come e con quale “percentuale” si può dire che una nuova architettura, che porta una realtà probabilmente simile a quella da cui sono fuggiti, possa essere una soluzione e un valore per tutti, o per la maggior parte, degli abitanti ? E allo stesso modo una nuova idea che include il concetto di integrazione multietnica potrebbe non essere completamente accettata dagli italiani del quartiere ancora non aperti a questa nuova visione.
Il concetto di etica si basa sui “valori condivisi dalla società”  ma in una società multietnica i valori e le necessità potrebbero essere differenti e la propensione verso l’integrazione e l’innovazione  più o meno marcata e cercata.
La stessa innovazione che per alcuni può sembrare l’ovvia soluzione alla maggior parte delle crisi della nostra civiltà potrebbe entrare bruscamente nella vita e nella realtà di altre che hanno trovato nel vecchio, nello standard, il loro equilibrio. Come gestire questo "vecchio" e il "nuovo" senza distruggere queste armonie e senza creare ulteriori problemi interculturali?  

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